CHE COS'È IL DOLORE

Perché esiste il dolore?

Anche se tutti lo temiamo, il dolore è un sistema di allarme indispensabile per la nostra sopravvivenza: ci permette di evitare lesioni, scoprire una malattia, evitare movimenti o situazioni pericolose… Senza il dolore la nostra vita sarebbe molto più breve e difficile.

Noi abbiamo un sistema di sensori capaci di avvertirci se qualcosa ci sta danneggiando.

Se lo facesse solo a danno compiuto il sistema servirebbe, ma non sarebbe del tutto efficiente: deve avvertirci quando qualcosa potrebbe danneggiarci. Allora sì che possiamo rimediare in tempo.

Proprio per la sua importanza, il sistema di rilevazione del dolore è estremamente complesso, continuamente sottoposto ad un sistema di pesi e contrappesi, di segnali eccitatori ed inibitori. Tutto ciò costruisce un equilibrio dinamico, una fine regolazione della sensibilità del sistema e determina quella che il senso comune chiama “la soglia del dolore”: tale soglia, in realtà, cambia in continuazione.

 

Quindi ATTENZIONE: il dolore, ogni dolore, è sempre il risultato di due componenti: lo stimolo e la sensibilità del sistema d’allarme, detto “sistema nocicettivo”. Se chi cura il dolore non prende in considerazione entrambi le componenti, rischia di non riuscire nemmeno ad avvicinarsi alla soluzione.

 

Un thè bollente scotta diversamente su due persone diverse?

Quante volte abbiamo notato che lo stesso stimolo è insopportabile per una persona mentre è innocuo per un’altra? Pensa ad una tazza di thè caldo: ti è mai capitato di osservare che una persona non riesca ad accostarvi le labbra mentre un’altra lo manda giù senza problemi? Hanno una soglia al dolore completamente diversa. Siamo abbastanza abituati a questa realtà, lo sappiamo bene: non tutti abbiamo la stessa soglia del dolore.

 

La tua soglia del dolore è sempre la stessa?

Siamo però meno abituati a pensare che la nostra soglia del dolore sia variabile. Pensaci: nella tua vita può essere successo che lo stesso stimolo doloroso sia accaduto più di una volta; però è possibile che una volta ti abbia causato un dolore insopportabile e l’altra non ti abbia fatto così male… Perché una cosa così strana?

La nostra soglia del dolore cambia in continuazione, è in continuo adattamento a seconda del momento che viviamo: talvolta il sistema d’allarme deve essere meno sensibile, in altri frangenti, invece, ha bisogno di essere una molla pronta a scattare.

Pensa ad una situazione di estremo pericolo: una calamità naturale o una battaglia, ad esempio. La necessità di fuggire mentre tutto ti crolla addosso, o di continuare a combattere anche se il nemico cerca di ucciderti, diventa essenziale per la sopravvivenza. In questi casi il dolore non serve quasi a nulla: lo sai già di essere in pericolo, lo sai già che potresti morire… Il tuo corpo entra in una modalità che ti permette di affrontare la situazione… e sopprime il dolore.

Alcune persone hanno subito lesioni incredibili in tali frangenti, ferite che in altri momenti le avrebbero fatte impazzire o svenire dal dolore, eppure le hanno sopportate ed hanno continuato a combattere o a fuggire.

In altre situazioni, invece, la sensibilità al dolore deve essere aumentata, ad esempio se una nostra parte del corpo è diventata particolarmente vulnerabile, oppure se il danno sta continuando e non corriamo ai ripari. La saggezza popolare ti ricorda che se prendi una distorsione o subisci un trauma, il momento peggiore sarà il mattino seguente! E’ proprio così: dopo una lesione si attiva l’infiammazione: aumenta l’afflusso di sangue, la parte si gonfia a causa dell’edema e rende più difficili i movimenti articolari (una specie di ingessatura naturale!) ed infine, grazie a specifiche sostanze rilasciate nella zona lesa, le soglie del dolore si abbassano enormemente, tanto che anche stimoli molto leggeri, come lo sfioramento, possono suscitare intenso dolore. Tutto ciò ti induce all’immobilità ed a proteggere la parte offesa. A che scopo? Prevenire ulteriori danni e favorire la guarigione.

 

Come arriva il dolore alla nostra consapevolezza?

Con quello che stiamo descrivendo, il sistema nocicettivo (il nostro sistema d’allarme) comincia ad apparire come qualcosa di estremamente dinamico e complesso, ma ci stiamo appena addentrando in questo labirinto…

Cominciamo ad osservare un po’ questa matassa.

Lo stimolo doloroso, ossia il qualcosa che ci sta danneggiando o potrebbe danneggiarci, viene rivelato da miriadi di “sensori” che sono lì proprio per questo. Si chiamano NOCICETTORI.

Reagiscono essenzialmente a tre stimoli: meccanici (pressione), termici (calore) e chimici. Forse ti sorprenderà, ma tutto ciò che può ucciderci o farci male è riconducibile ad almeno uno di questi tre elementi.  Alcuni nocicettori reagiscono ad uno solo di questi stimoli, altri a più di uno.

Quando lo stimolo è sufficiente ad attivare questi sensori, allora non si può perdere tempo: l’informazione deve raggiungere il cervello nel più breve tempo possibile.

I nocicettori sono ovviamente parte del sistema nervoso, sono posti su alcune cellule nervosa (neuroni). Lo stimolo viene tradotto in segnale elettrico (che è il linguaggio del sistema nervoso) e poi c’è un “passaparola” da un neurone all’altro fino alla corteccia cerebrale.

Indovinate: quanti neuroni ci vogliono per far sapere al cervello di un giocatore di basket alto 2 metri e 20 cm che laggiù, qualcuno ha pestato il suo alluce?

Non ci crederete: 3.

NO, non è un errore di stampa, non ho dimenticato qualche zero: 3, SOLO TRE. Non importa se siete pigmei o watussi: le vie cosiddette ascendenti del dolore sono costituite da TRE CELLULE NERVOSE. Ve l’ho detto che non c’era tempo da perdere. Ah, dimenticavo: lo stimolo su una fibra nervosa dedicata al dolore può viaggiare fino a 30 metri al secondo! Quindi per coprire 2 metri ci mette un quindicesimo di secondo…

Il primo neurone ha il corpo nei gangli spinali, appena a lato della colonna vertebrale, ma ha una “coda”, l’assone, che è lunghissimo e raggiunge l’estrema periferia del corpo dove ci sono i suoi sensori. Dal ganglio raggiunge, con molta meno strada, il secondo neurone che si trova nel midollo spinale. Questo secondo neurone fa partire un altro assone piuttosto lungo, se è entrato nel midollo spinale dal lato destro passa a sinistra e viceversa, a quel punto fa una salita vertiginosa fino alla profondità del cervello. Qui, in una zona detta talamo, troviamo finalmente il terzo neurone, che manda destinazione lo stimolo in varie zone e alla corteccia cerebrale.

Le aree cerebrali interessate non sono solo quelle che servono a discriminare solo le componenti più sensitive del dolore e ci aiutano a capire dov’è? Cos’è? Quanto è forte? In realtà molta parte dello stimolo raggiunge aree cerebrali che sono dedicate alle emozioni, all’affettività, alla paura. Infine il cervello opera una sintesi finale, in cui tutte queste componenti convergono e giungono alla coscienza. Tutto questo processo spiega perché il dolore non è solo una sensazione fisica, ma anche un’emozione ed un’esperienza così complessa e profonda.

 

Non c’è salita senza discesa!

Se le cose non fossero già sufficientemente complesse così, malgrado il tentativo di semplificarle al massimo, bisogna dire che le vie ascendenti del dolore sono solo una parte del sistema, quella più intuitiva. In realtà esistono anche le vie discendenti, che hanno il compito di facilitare o inibire la trasmissione del dolore sulle vie ascendenti.

Queste vie si chiamano discendenti perché partono da varie zone cervello e scendono lungo il midollo spinale. Si tratta di una rete di interconnessioni estremamente complessa e ancora non del tutto compresa nei suoi dettagli. Quello che è certo è che diversi fattori possono modificare in un senso o nell’altro la percezione e l’elaborazione del dolore: l’emotività, l’attenzione, la paura, lo stress, lo stato generale di salute…

E’ proprio l’equilibrio fra inibizione e facilitazione del dolore a determinare la reale esperienza che ognuno di noi prova in quel determinato momento.

 

 

Ma allora come possiamo definire il dolore in poche parole?

Potevo iniziare da questa definizione e poi tentare di spiegarla. Ho fatto invece il contrario, un po’ per non scoraggiarti con parole troppo specialistiche, un po’ perché a questo punto forse può acquistare ai tuoi occhi un significato più preciso.

La IASP (International Association for the Study of Pain = Associazione Internazionale per Studio del Dolore) definisce così il dolore: “An unpleasant sensory and emotional experience associated with actual or potential tissue damage, or described in terms of such damage” = Una spiacevole esperienza, sensoriale ed emotiva, associata con un danno attuale o potenziale dei tessuti, o decritta in termini di un simile danno.

Non è proprio una definizione immediata… Proviamo a percorrerla un passo alla volta.

  1. Il dolore è una esperienza spiacevole
  2. Il dolore è un’esperienza sia sensoriale, sia emotiva
  3. Il dolore è associato ad un evento che sta producendo un danno al nostro corpo (actual tissue damage)
  4. Il dolore è associato anche a un evento che ancora non ha prodotto un danno al nostro corpo, ma che sta per provocarlo (potential tissue damage)
  5. Il dolore potrebbe anche essere presente senza che nessun evento abbia provocato un danno, o stia per provocarlo, ma la persona lo descrive come se ciò stesse realmente accadendo (described in terms of such damage)

 

L’ultimo aspetto può sembrare davvero strano per chi non ne ha avuto esperienza diretta o indiretta.

Approfondiremo questo fenomeno quando ti parlerò di dolore neuropatico e cronico. Per ora prova ad immaginarlo come qualcosa di patologico nella percezione del dolore, qualcosa che potrebbe essere simile ad “un’allucinazione dolorosa”…

E’ evidente che se ciò accade, qualcosa non sta funzionando a dovere nel sistema d’allarme: suona senza che siano entrati i ladri! Siccome le persone in questa situazione provano un vero dolore anche se collegato ad un danno assente, è sembrato del tutto appropriato far rientrare nella definizione di dolore una simile condizione.

In una nota la IASP fa una serie di affermazioni che non dovrebbe essere presa sottogamba da nessun medico:

  • Il dolore è sempre soggettivo (Pain is always subjective)
  • Il dolore è indiscutibilmente una sensazione in una o più parti del corpo, ma è anche sempre spiacevole e quindi anche un’ esperienza emotiva
  • Se qualcuno riferisce ciò che prova, allo stesso modo in cui descrive il dolore causato da una lesione del corpo, si deve accettare che sia dolore

 

Qualcuno che legge sa bene queste cose: purtroppo non tutti sembrano tenerne conto.

 

Classification of Chronic Pain, Second Edition “Part III: Pain Terms, A Current List with Definitions and Notes on Usage” (pp 209-214). IASP Task Force on Taxonomy, edited by H. Merskey and N. Bogduk, IASP Press, Seattle, ©1994.

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